Giorno / Notte

Altri nel passato, ha scelto Matera ed I suoi abitanti per trarre ispirazione per I suoi lavori Si chiama “Piano project’ l’ultimo lavoro di Cynthia Karalla

Un pianoforte fatto di sessi per rompere

Le barriere fra uomo e donna

Cynthia Karalla, la fotografa newyorkese che ha scelto Matera per i suoi ultimi lavori. Il progetto “Piano project” ha già un primo appuntamento. Verrà esposto alla prossima biennale d’arte che si terrà in Australia.

Fotografia Moderna

Quadri sul digitale

Andres Serrano, uno dei più grandi e controversi fotografi al mondo. Le sue immagini vengono esposte nelle più importanti gallerie di Stati Uni-ti, Australia ed Europa. Anche lei, come diversi altri artisti, ha però deciso di lasciarsi ispirare da Matera, dai Sassi e, soprattutto, dai suoi abitanti. Come altri nella storia di questa città: Josè Ortega nella pittura, Pier Paolo Pasolini nel cinema, Henri Cartier-Bresson, nella fotografia, solo per citarne alcuni. La statunitense Cynthia Karalla, nata a New York nel 1966, può senza dubbio inserirsi in questa catena di creativi che, per un certo periodo di tempo, hanno deciso di fermarsi in città per produrre le loro opere. Il suo pennello è l’obiettivo della macchina fotografica e come un artista del Seicento realizza veri e propri quadri. Non su pellicola, ma su bit, sul digitale. «Se dovessi svi-luppare tutti i film e le foto che ho realizzato a quest’ora sarei piena di debiti. In tre anni ho scattato 30 mila fotografie. E solamente pochissime immagini sopravvivono oggi». Come Rubens o Rembrandt, Karalla realizza ritratti per cercare di raccontare, attraverso gli sguardi, il mondo interiore dei suoi protagonisti. Che, in qualche modo, è lo specchio del mondo contemporaneo. E non a caso negli ultimi suoi lavori fotografa soggetti facendosi ispirare proprio dai quadri del passato. E così, La Gioconda, ad esempio, per Karalla è un ragazzo che con un gesto provocatorio esprime tutta l’umanità contemporanea. Stessa posizione del soggetto originale, ma cambia il linguaggio. Produzione o riproduzione della realtà? «Il mio lavoro – dice Karalla nel suo studio materano – è molto concettuale e filosofico. È orientato a far percepire il mondo in un modo diverso. Molte immagini potrebbero risultare controverse nel momento in cui vengono viste. Ma credo che po-tranno essere meglio comprese nel futuro. Il mio principale obiettivo è quello di contribuire a creare maggiore vicinanza tra gli esseri umani». Da quando era ragazzina cominciava a maneggiare la macchina fotografica ed era qualcosa che le risultava mol-to facile. Poi si è iscritta all’università dove ha conseguito la laurea. All’inizio, negli Sta-tes, era molto conosciuta nel mercato dell’arte sotterranea. Poi l’incontro con Andres Serrano. «È molto difficile dire qual è stato fino ad oggi il momento più importante della mia carriera perché ogni mo-mento, nell’arte, è importante. Forse è oggi, anche se è il risultato dei diversi errori e successi del passato». Ma di certo l’incontro con Serrano le è servito a conoscere in modo più approfondito il linguaggio della fotografia moderna. «Lavorare con lui significa conoscere da vicino il suo aspetto umano, come pensa e come costruisce il suo lavoro. E ti insegna a capire a che punto sei arrivata. È come giocare una partita a scacchi con un professionista, con un genio. Piano piano capisci le sue mosse e le impari condividendo l’enfasi di avere di fronte un grande campione». E così man mano quella che a molti può sembrare una ri- Si chiama «Piano project» l’ultimo lavoro di Cynthia Karalla Un pianoforte fatto di sessi per rompere le barriere fra uomo e donna La Gioconda, uno degli ultimi lavori fotografici di Cynthia Karalla ispirati alle opere d’arte del passato produzione della realtà si trasforma in interpretazione della realtà per diventare arte. «Per me la macchina fotografica è come un pennello ma è uno strumento di maggiore precisione e lavora meglio della mia mano. Io arrivo dalla pittura. Ogni volta af-fronto il lavoro con una maggiore apertura all’esperimento perché non ho mai l’immagine fissa di quello che andrò a realizzare. Continuo a fotografare fin quando l’immagine non diventa perfetta. O fi-no a quando i modelli non si stancano». Oggi è una fotografa e un’artista coraggiosa e controversa. Come il suo ultimo progetto che non mancherà di creare scandalo e di dividere l’opinione pubblica e la critica. Come spesso accade nel linguaggio dell’arte contemporanea capace di anticipare i linguaggi e di rimandare al futuro la comprensione dell’opera. Per il momento non ha un nome ufficiale. Le lo definisce “Piano Project”. Si tratta di un collage fotografico dove al posto dei tasti di un pianoforte ci sono peni. Un lavoro che, pur fra mille e ovvie difficoltà, sta elaborando a Matera dove ha già fotografato una ventina di “soggetti”. «Due mesi prima di arrivare a Matera – spiega – stavo lavo-rando a un progetto con Serrano. E stavo pensando all’idea delle brave e cattive ragazze. La brava ragazza è una semplice e tranquilla, ma senza voce nella società. La cattiva ragazza è una che è alla ricerca della conoscenza e ha sempre una voce perché gli altri la possano ascoltare. Inizialmente non avevo idea su come sviluppare questo concetto. Poi, una giorno, a Parigi, a casa di un amico giornalista mi sono svegliata ridendo: avevo sognato un pianoforte fatto di peni. Per un paio di mesi ho mantenuto il massimo riserbo su questo progetto perché pensavo alle difficoltà di realizzarlo. Stavo per tornare a New York per realizzare il progetto. Poi, al-cuni amici italiani, mi hanno detto che mi avrebbero trova-to persone disponibili a posa-re per me. Molti erano timidi, ma poi, passo dopo passo, si sono lasciati fotografare. Sono stata a Roma e, attraverso amicizie comuni di Andres Serrano alcune persone han-no posato per me. Il sesso ma-schile è stato quasi scioccato dal sesso femminile. John Cage ha detto che se hai una paura devi entrare nella paura per scoprire che non c’è. Io ho un background cattolico e per me è stato come essere un dottore. Con questo progetto voglio dare l’opportunità alle persone di avere un rapporto diverso con il sesso, meno pro-blematico, e di non essere inti-midite dal toccare. Il piano infatti suona quando lo tocchi». E i materani come hanno accolto questo progetto? «Sono venuta a Matera 12 anni fa per la prima volta, ma quattro anni fa mi sono fermata per quattro mesi. Da allora ritor-no periodicamente. I materani sono molto orientati sul concetto di umanità e sono rimasta favorevolmente impressionata dalla loro apertura mentale nel concedersi per questo progetto». Fino ad oggi una ventina di materani hanno prestato il loro pene. E molti altri in Italia. Fra cui anche un personaggio molto famoso che non vuole rivelare il suo nome. Un progetto che è segnato a creare molto scalpore ed a ria-prire il dibattito sulla sessualità e sul rapporto fra uomo e donna. Piano Project ha già un appuntamento: verrà pro-posto alla Biennale in Austra-lia. «Mi piace molto Matera – dice Cynthia Karalla – e spero che io continuerò a piacere ai materani. Spero anche che possano comprendere bene quello che c’è dietro questo progetto e che i rapporti fra uomo e donna possano mi-gliorare». E conclude: «Anche perché quando gli uomini sono più contenti, c’è meno possibilità di andare in guerra». 

Serafino Paternoster.